Sostegno a distanza, la storia di Geraldo nato in Angola

Sostegno a distanza, la storia di Geraldo nato in Angola

GeraldoGeraldo è un ex bambino angolano che  adesso, grazie al sostegno a distanza, studia Ingengeria informatica a Pisa.

Oggi Geraldo è a Roma per raccontare come viveva nel suo paese, come è cambiata la sua vita con il sostegno a distanza e quali sono le prospettive oggi per il paese.

L’associazione Faggio Vallombrosano, che ha organizzato l’evento, racconta il proprio stile della solidarietà e le iniziative di raccolta fondi per i centri di sostegno a distanza.

L’appuntamento è per oggi, sabato 5 dicembre, alle ore 11, in via Tasso 157 (xona San Giovanni).

Al termine dell’incontro mercatino solidale.

 

Sostegno a distanza in Angola

Il progetto dell’associazione Faggio Vallombrosano in Angola parte nell’anno 2005 con l’apertura di un centro nell’area di Luanda, grazie alla disponibilità della Congregazione delle Suore Francescane di San Giuseppe. In seguito vengono aperti altri due centri nelle aree di Catete e Kangandala. Qui i bambini frequentano la scuola e imparano a leggere e a scrivere, privilegio di pochi, considerando i bassi livelli di alfabetizzazione e istruzione scolastica e universitaria che ancora perpetuano in Africa. Il problema della mancanza di professionisti qualificati in settori come le tecnologie e l’insegnamento, portano alla dipendenza culturale dell’Africa dall’Europa. I pochi africani che riescono a ottenere buoni risultati negli studi spesso sono costretti a trasferirsi all’estero per frequentare università più prestigiose o, successivamente, per trovare lavoro. L’intento, il sogno dell’ Associazione Faggio Vallombrosano e dei progetti di Sostegno a Distanza è quello di dare la possibilità a tanti dei bambini africani di ricevere un’educazione ed essere in grado in futuro di poter contribuire allo sviluppo del proprio Paese. Molte delle attività organizzate nei centri mirano allo sviluppo di una coscienza individuale e si rifanno ai diritti e ai doveri dell’individuo per la convivenza pacifica. Le educatrici spesso visitano anche le famiglie dei bambini per mantenere contatti con le realtà di provenienza e per coinvolgere e supportare anche i familiari dei bambini, che spesso vivono in condizioni di povertà e disagio.