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Crisi Libano, il nostro intervento di contrasto all’emergenza abitativa a madri single, disoccupate e alla comunità LGBTQ

7 Maggio 2021, 12:54

Grazie alle donazioni dei nostri sostenitori che hanno risposto alla campagna di raccolta fondi “Emergenza Libano – Con Beirut nel cuore”, lanciata dopo la violenta esplosione che ha colpito Beirut il 4 agosto 2020, abbiamo assicurato un supporto all’affitto alle donne immigrate che rischiavano di perdere la casa, per lo più a causa del sistema Kafala


Da mesi il Libano è sul lastrico. Il Paese sta attraversando una bancarotta durissima, strangolato tra gli interessi politico/settari, la crisi monetaria e le macerie dell’esplosione di Beirut dello scorso agosto. La pandemia ha fatto il resto. In un paese che importa l’80% di ciò che consuma, il costo dei beni di prima necessità è più che quadruplicato. Dopo l’esplosione del 4 agosto, Un Ponte Per ha lanciato un appello ai sostenitori e sostenitrici. Siete stati in moltissimi/e a donare permettendoci di fare tanto, sostenendo diverse organizzazioni locali in Libano. Tra cui l’Anti-Racism Movement (ARM).

L’INTERVENTO DI UN PONTE PER
Sostegno temporaneo all’affitto e negoziazione con i proprietari: grazie ai nostri sostenitori, insieme ad ARM abbiamo sostenuto 48 famiglie, 132 persone, 66 donne (4 donne incinte e almeno 30 madri single), 52 bambini/e. L’intervento ha dato la priorità alle persone più vulnerabili e/o emarginate: in particolare, abbiamo sostenuto persone appartenenti alla comunità LGBTQ vittime di violenza, (sessuale e/o di genere), lavoratrici affette da Covid-19, donne incinte, madri single, famiglie con bambini/e piccoli/e, ecc.
Le famiglie hanno ricevuto il sostegno all’affitto per un periodo da 1 a 3 mesi, al fine di garantire un aiuto ponte, evitando di creare meccanismi di dipendenza a lungo termine. La grande maggioranza dei/lle beneficiari/e proviene dall’Etiopia (66,7%), seguita da Sudan (10,4%), Nigeria (6,3%),Kenya (6,3%). Sono famiglie e donne che vivono per lo più nei sobborghi di Beirut, in condizioni di totale marginalità. La povertà in seguito all’esplosione del 4 agosto era tale per cui tantissime donne e famiglie migranti si sono ritrovate a lottare ogni giorno per assicurarsi cibo in tavola e accesso alle cure sanitarie primarie. Su questa base, insieme ad ARM abbiamo lanciato un ulteriore programma di distribuzione di cibo e beni di primissima necessità, distribuendo circa 1.800 kit di prima necessità a 800 famiglie ogni mese.

LA COMUNITÀ PIU’ VULNERABILE
Le lavoratrici migranti in Libano che abbiamo sostenuto in quei primi difficilissimi mesi dopo l’esplosione del porto di Beirut, lavorano per lo più come collaboratrici domestiche. Provengono in gran numero dall’Africa subsahariana e sono da sempre state bersaglio di violenza sistematica, attraverso il sistema “Kafala”* (ne avevamo già parlato qui) che regola il lavoro e la vita delle persone immigrate che svolgono lavori domestici in Libano, legando la residenza al contratto di lavoro e al datore di lavoro, che finisce per avere un potere indefinito sulle lavoratrici. Ricatti, minacce, sequestro del passaporto, fino alle violenze fisiche vere e proprie. Le lavoratrici si ritrovano in una posizione di necessità tale da essere facilmente e sistematicamente sfruttate e abusate. Una condizione che ricorda per molti versi la schiavitù.