da Agape: Storia di Elena
Redazione 26 Aprile 2021 Storie

da Agape: Storia di Elena

“Ho atteso questa esperienza con tutta me stessa, per molto tempo, più del dovuto a causa dell’incredibile periodo che tutto il mondo sta vivendo, ma nonostante ogni previsione alla fine sono riuscita ad arrivare per vivermi questa meravigliosa terra che è il Mozambico, da ormai quattro mesi.

Da quando sono scesa dall’aereo ho sentito nell’aria un’atmosfera gioiosa, confusionaria, sana, che tutt’ora mi sta accompagnando in questa esperienza. Le tonalità delle bancarelle delle frutta dai mille colori, le rispettive mamá lungo la strada sempre pronte a ricambiare il saluto sorridendoti, la musica presente ad ogni ora del giorno caricano questo paese di vitalità, e ti contagia senza scelta.

Lavoro principalmente con i bambini, in uno dei quartieri più poveri nel cuore di Maputo. É un bairro estremamente affascinante che si distacca nettamente da tutto il resto della città. Mi ha subito colpita. La presenza di bambini è enorme, grandi, piccoli e piccolissimi sempre ad inventarsi giochi e a gridare.

Un episodio che non dimenticherò mai è avvenuto il 7 aprile, Festa della Donna Mozambicana. Avevamo appena finito di mettere in scena uno spettacolo di strada che avevamo preparato con il nostro gruppo mozambicano di teatro-danza, riscuotemmo grande successo e il pubblico era per la stragrande maggioranza di bambini. Ci stavamo quindi dirigendo verso casa di una delle ragazze per fare la pausa pranzo accompagnate dal suono dei tamburi quando ad un tratto sento una gran confusione alle mie spalle, mi giro e vedo questo spettacolo: una fiumana di bambini che ci correvano incontro cantando e ballando al ritmo dei tamburi, ci hanno travolti letteralmente portando un’energia così forte! Erano tanti e felici e sorridenti.

Purtroppo, le attività previste sono state un po’ limitate dalle restrizioni imposte per il Covid ma quando possibile abbiamo sempre lavorato cercando di dare il massimo.

Non voglio cadere sul banale ma quando dicono che fare un’esperienza come il Servizio Civile equivale ad un dare e ricevere, ad uno scambio bilaterale non posso fare altro che confermare, e confermare cento volte. Insegno ai bambini ma imparo anche tanto da loro, dalle più piccole cose. Stessa cosa vale per i nostri colleghi mozambicani, è un continuo scambio di esperienze, di modi di fare, di utilizzare il tempo, perché sono europea e la concezione che ho del tempo è tutta un’altra.

Non è tutto sempre bello e felice, ci sono molti momenti duri ma è proprio questa la bellezza di tuffarsi a capofitto in una cultura così diversa dalla propria. Uscire dalla cosiddetta comfort zone è ciò che davvero ti fa aprire gli occhi, facendoti capire che non esisti solo tu il tuo paesino e il tuo modo di vivere la vita.

Sono solo, o già, a quasi metà di questi dieci mesi di servizio ma mi impegnerò per assorbire e dare il più possibile fino alla fine.

Scrivendo mi rendo conto di come non sia affatto semplice verbalizzare ciò che sto vivendo, lo scombussolamento quotidiano che tocca per brevi frazioni ma sufficienti a farmi addormentare con la testa strabordante di tutti gli episodi che mi hanno riempito la giornata. Mi auguro davvero che con queste righe io sia riuscita a dare un’immagine il più colorata possibile di questa mia esperienza di Servizio Civile.”