Cooperazione internazionale, ecco quali sono i Paesi più pericolosi per i lavoratori delle organizzazioni umanitarie
Redazione 2 Novembre 2020 La Gabbianella in...forma

Cooperazione internazionale, ecco quali sono i Paesi più pericolosi per i lavoratori delle organizzazioni umanitarie

Negli ultimi cinque anni sono stati registrati 6968 incidenti, 372 morti, 829 lesioni e 777 rapimenti. I dati di Info-Cooperazione

I dati aggregati relativi agli incidenti e, in generale, alle condizioni di rischio che riguardano gli operatori umanitari, sono offerti da INSO (International NGO Safety Organization). Si tratta di dati che vengono mostrati sia in una prospettiva globale, che a livello nazionale e sono suddivisi in: incidenti, fatalità-morti, lesioni e rapimenti. Negli ultimi cinque anni sono stati registrati 6968 incidenti, 372 morti, 829 lesioni e 777 rapimenti. Nel periodo tra gennaio e settembre 2020 gli incidenti nel mondo legati alle ONG sono più di 1200, i rapimenti 184, gli operatori che hanno subito lesioni 116 e i morti 58.

I luoghi più rischiosi per i lavoratori della Cooperazione. Per stilare una classifica dei Paesi più pericolosi dove operano le ONG basta incrociare i Paesi che appaiono nei primi posti delle diverse categorie di rischio. Per i casi di fatalità e lesioni, sono i teatri dei più grossi conflitti della storia contemporanea: la Siria, l’Afghanistan, la Somalia e la Repubblica Centro Africana. Se invece parliamo di rapimenti, la maggior parte dei casi si sono registrati in Afghanistan, Congo RD, Mali, Somalia e Repubblica Centro Africana.

La sicurezza come priorità. La sicurezza del personale che opera sul campo e la gestione del rischio sono ormai assunti dalle ONG come temi prioritari e richiedono un approccio sempre più attento e prudente, anche quando si opera in aree normalmente non coinvolte da conflitti. E’ questa un po’ la sintesi di una breve ricerca diffusa da Info-Cooperazione, il punto di riferimento in rete della comunità italiana degli operatori umanitari che lavorano nelle Ong. L’attenzione è continuamente incentrata sull’indispensabile equilibrio tra l’imperativo umanitario che obbliga a perseverare nell’azione di aiuto e di protezione e la valutazione del rischio per gli operatori, italiani, internazionali e locali che costituiscono le risorse indispensabili delle organizzazioni.

L’introduzione di codici rigorosi. L’esperienza delle ONG nelle aree di crisi e nei contesti di conflitto armato è cresciuta molto negli ultimi 25 anni e si è adeguata costantemente alle situazioni e ai contesti divenuti più difficili, definendo procedure precise. Molte organizzazioni hanno adottato codici rigorosi di sicurezza che vincolano l’attività del proprio personale e puntano a gestire e minimizzare i rischi. Molto lavoro resta da fare, soprattutto per i diversi attori del mondo della Cooperazione, che spesso si trovano ad operare in contesti mutevoli e non hanno intorno a sé un livello organizzativo strutturato.

Incidenti all’ordine del giorno. Nonostante i media ne parlino raramente (ma non è certamente il caso di Mondo Solidale di Repubblica.it) gli incidenti che coinvolgono il personale che opera sul campo per realizzare i progetti di Cooperazione sono all’ordine del giorno. Un interessante piattaforma opendata, curata dalla ONG INSO (International NGO Safety Organization) fornisce dati globali aggregati sugli incidenti di sicurezza e protezione che interessano le ONG e che aumentano di anno in anno. Si tratta del Key Data Dashboard, un cruscotto completamente interattivo che consente la facile visualizzazione degli indicatori chiave di sicurezza delle organizzazioni in tutti i Paesi ad alto rischio e ha lo scopo di migliorare la visibilità delle macro-tendenze in materia di sicurezza umanitaria per sensibilizzare, informare la ricerca, rafforzando la prevenzione e la pratica operativa.

da la Repubblica del 30 ottobre 2020